Sì dolce è’l tormento è un madrigale di Claudio Monteverdi (1567-1643). Il testo è di Carlo Milanuzzi, compositore e organista, contemporaneo di Monteverdi.
Questa Aria barocca fu pubblicata per la prima volta nella raccolta “Quarto scherzo delle ariose vaghezze” (Venezia 1624); composta di quattro strofe, con uno schema metrico evidente che lo rende subito “orecchiabile”, propone un tema molto comune: il “dolce tormento” di un cuore infranto.
Ma l’immagine poetica trasformata in musica da Monteverdi diventa un vero sospiro, un affanno che infiamma l’anima e poi sembra mitigarsi e poi si accende ancora, come fosse eternamente sospeso tra la speranza e il dolore.
E cosa ci dice il testo?
Il tormento che ho nel cuore mi dona gioia;
che la speranza ingannevole (speme fallace) mi stia lontana (rivolgami il piè),
che felicità e pace mi stiano lontane (non scendano a me),
che la crudele donna che amo continui a negarmi il suo amore:
la mia fede vivrà in questo dolore infinito.
Non trovo riposo nel freddo e nemmeno nel calore;
Troverò riposo solo nel Cielo.
Il mio cuore è stato trafitto dalle frecce dell’amore.
Solo la freccia della morte, cambierà il mio destino e sanerà il mio cuore.
Se quel rigido cuore che ha rapito il mio cuore
non ha mai provato la fiamma dell’amore
un giorno si pentirà e con dolore (pentita e languente), sospirerà per me .
Ed ecco il testo:
Si dolce è’l tormento che in seno mi sta,
Ch’io vivo contento per cruda beltà.
Nel ciel di bellezza s’accreschi fierezza et manchi pietà:
che sempre qual scoglio all’onda d’orgoglio mia fede sarà.
La speme fallace rivolgami il piè.
Diletto, né pace non scendano a me.
E l’empia ch’adoro mi nieghi ristoro di buona mercé:
tra doglia infinita tra speme tradita vivrà la mia fé.
Per foco, per gelo riposo non ho.
Nel porto del Cielo riposo haverò.
Se colpo mortale con rigido strale il cor m’impiagò,
cangiando mia sorte col dardo di morte il cor sanerò.
Se fiamma d’amore già mai non sentì
Quel rigido core ch’il cor mi rapì,
Se nega pietate la cruda beltate che l’alma invaghì
ben fia che dolente pentita, e languente sospirimi un dì.
In rete troviamo moltissime versioni e interpretazioni sia strumentali che cantate.
E’ un’aria che ci introduce al nuovo stile del “recitar cantando” che nasce alla fine del Cinquecento.
In questo link la partitura originale pubblicata a Venezia nel 1624 e una recente trascrizione .
Per approfondimenti sul testo e sulla musica :
http://luigiscebba.blogspot.it/2013/12/si-dolce-e-l-tormento.html
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